L’errore in Medicina Generale
A cura di Riccardo De Gobbi.
Una recente indagine sugli errori diagnostici nel setting delle cure primarie (2013) ci permette un interessante confronto con lo studio del 2002, che pur con metodologia diversa tentava di formulare una classificazione esaustiva degli errori. Quest’ultima indagine è stata effettuata basandosi sui dati registrati elettronicamente: sono stati esaminati i dati sanitari dei pazienti che si sono inaspettatamente ripresentati dal medico dopo una prima visita che avrebbe dovuto portare a soluzione del problema, o che hanno subito un ricovero imprevisto, o che si sono rivolti ai dipartimenti di emergenza. Sono stati presi in considerazione 190 pazienti in 68 dei quali le diagnosi iniziali erano errate. Le errate diagnosi si riferivano a problemi comuni in Medicina Generale quali broncopolmonite (6,7%), insufficienza cardiaca (5,7%), insufficienza renale acuta (5,3%), cancro non diagnosticato precocemente (5,3%), pielonefrite (4,8%).
Secondo gli autori nel 78,9% l’errore si generava all’interno del contatto medico – paziente: nel 56,3% dei casi nella raccolta della storia vi erano informazioni carenti, nel 47,4% dei casi l’esame obiettivo non era adeguato, nel 57,4% dei casi i test diagnostici richiesti non erano idonei o sufficienti (da sottolineare come nel 43,7% dei casi sia stato riscontrato più di un meccanismo nel medesimo paziente). Da sottolineare come nel 19,5% dei casi l’errore fosse nella consulenza specialistica, nel 16% dei casi fosse dovuto al paziente, nel 13% dei casi ai test diagnostici. È evidente dal calcolo delle percentuali il concorso di più fattori in alcuni errori che nel 73% dei casi ebbero conseguenze medio – gravi e nel 14% dei casi portarono al decesso. Come osservazione marginale ma importante come indicatore di una cattiva pratica, l’uso del copia/incolla nella casistica esaminata è assai diffuso ed è implicato nel 35,7% degli errori finali.
La Classificazione: Il secondo problema che ci troviamo ad affrontare è quello della classificazioni degli errori; anche in questo ambito ci confrontiamo con una avviluppante eterogeneità. A titolo esemplificativo ricordiamo che il ventaglio di ricerche ne comprende alcune che esaminano tanto il ragionamento diagnostico (approccio cognitivo), che il processo diagnostico-terapeutico nella sua interezza (dalle indagini di laboratorio alle modalità di registrazione dei dati alla comunicazione con il paziente alla definizione del programma terapeutico: approccio sistemico), altre che analizzano il puro errore diagnostico limitandosi ad una descrizione fenomenica dei quadri clinici più frequentemente fonte di errore.
La Metodologia: il terzo importante problema è quello delle metodologie utilizzate nei vari studi, anche queste piuttosto eterogenee. Vengono utilizzati questionari ai medici e/o ai pazienti, con lo strumento del self-reporting, od indagini retrospettive su banche dati ottenute con criteri diversificati o con esami di referti autoptici o di indagini laboratoristiche e/o strumentali. Se ricordiamo che la metodologia più corretta è quella degli studi prospettici randomizzati e controllati, con supervisione esterna indipendente, anche senza entrare nella descrizione dettagliata dei numerosi bias degli approcci metodologici sopra citati vanno almeno citati i più eclatanti: i bias di selezione (auto-selezione dei soggetti più interessati al problema), quelli di registrazione e classificazione (in particolare nelle indagini retrospettive sui data-base) quelli di self-reporting (variabilià inter-individuale e meccanismi di difesa che rendono medici e pazienti indulgenti verso i propri errori e critici verso le carenze altrui).
L’APPROCCIO SISTEMICO IN MEDICINA GENERALE – Indispensabile ma complesso
Una recente revisione della letteratura prende in considerazione gli interventi sistemici sull’errore, inteso come nella larga parte dei più recenti studi “missed, delayed, wrong diagnosis, cioè diagnosi mancata, ritardata od errata”. Sono stati presi in esame 43 articoli pubblicati in riviste internazionali: il primo sconfortante dato è che solo 6 articoli descrivevano interventi già effettuati che avevano permesso di conseguire un sia pur parziale risultato. Altri 37 articoli si limitavano a proporre misure di vario genere che nelle speranze degli autori dovrebbero in futuro portare ad una riduzione dell’errore. Inoltre i 6 studi che testavano gli interventi migliorativi coinvolgevano un numero limitato di soggetti, non sempre definivano con chiarezza gli outcome ed inoltre presentavano una ampia variabilità di risultati, con necessità di ulteriori conferme.
Un ambito in cui vi è qualche indiscusso progresso è quello dei sistemi di sorveglianza e di rielaborazione delle registrazioni elettroniche dei dati nonché quello dei sistemi esperti di supporto alle decisioni cliniche basati sulla Evidence Medicine: a questo proposito va segnalato che recentemente il NHS dopo attenta valutazione ha approvato il EbmeDS (Clinical Decision Support System) software finlandese che fornisce remiders, alerts e suggerimenti su diagnosi e terapie a 4000 evidenze, 1000 linee guida e più di 16000 interazioni farmacologiche.