,

Il lato oscuro della ricerca farmacologica: lo studio 329

Di Riccardo De Gobbi.

Quando si pubblica solo ciò che conviene pubblicare: il preoccupante esempio dello studio 329.

Il RIAT  (Restoring Invisible and Abandoned Trial – recupero di studi non pubblicati od abbandonati) è una metodica di ri-analisi dei dati originali di una ricerca da parte di ricercatori indipendenti allorché i dati siano ritenuti importanti ma non siano stati pubblicati o, se pubblicati, siano considerati non affidabili.
Lo studio 329 ne è un esempio preoccupante e chiarificatore. Nel 2001 una importante azienda farmaceutica sponsorizzò uno studio che confrontava efficacia e sicurezza di paroxetina ed imipramina nel trattamento della depressione maggiore negli adolescenti: lo studio venne poi pubblicato in una rivista internazionale.
Lo studio, presentato come “clinico randomizzato controllato doppio cieco”, era stato effettuato tra la aprile 1994 ed il febbraio 1998 in 12 servizi psichiatrici universitari americani ed aveva reclutato 275 adolescenti con diagnosi di depressione maggiore perdurante da almeno 8 settimane. I giovani partecipanti erano stati randomizzati al trattamento con paroxetina da 20 a 40 mg, imipramina da 200 a 300 mg e placebo. La valutazione di efficacia venne effettuata tramite la scala di Hamilton, la valutazione clinica e la autopercezione dei soggetti. Lo studio concludeva che la paroxetina era generalmente efficace e ben tollerata.
La FDA tuttavia non approvò l’uso del farmaco negli Stati Uniti per gli adolescenti in quanto secondo la propria valutazione, lo studio non dimostrava differenze davvero significative tra paroxetina, imipramina e placebo. La paroxetina venne tuttavia prescritta dagli psichiatri, a centinaia di migliaia di adolescenti nel mondo, in particolare negli USA. Nell’arco di alcuni anni tuttavia, si moltiplicarono le segnalazioni di effetti avversi seri tr
a i quali atti autolesionistici ed anche suicidi. Gradatamente emerse la sorprendete notizia che l’articolo non era stato realmente scritto dagli autori ma da un ghost writer (autore fantasma) pagato dalla casa farmaceutica.
La comunità scientifica internazionale chiese un riesame di tutti i dati raccolti nello studio: gli autori non risposero alla richiesta ma la faticosa indagine di riesame è stata comunque effettuata da un gruppo di ricercatori indipendenti e pubblicata nel British Medical Journal. Il gruppo di ricercatori ha potuto riesaminare, con considerevole difficoltà ed enorme dispendio di energie, solo i report messi a disposizione dalla ditta, corrispondenti al 34% del totale: i rimanenti report sarebbero stati negati ai ricercatori per molteplici motivi, tra i quali in particolare la loro incompletezza. Inoltre, questi documenti a disposizione erano analizzabili una pagina per volta senza possibilità di stampa e questo ha significato per i ricercatori circa 1.000 ore di lavoro solo per riuscire ad esaminare i report disponibili.
Nonostante tutto, i Ricercatori indipendenti portarono a termine il riesame e lo pubblicarono con tale sicurezza da riportare senza timore di denuncia i nomi della azienda e quelli dei falsi autori; le conclusioni sono che la efficacia di paroxetina ed imipramina non è risultata essere superiore al placebo né sulla base della scala di Hamilton né dal punto di vista clinico e del benessere soggettivo. Rispetto al placebo tuttavia paroxetina ed imipramina provocarono effetti collaterali anche importanti e la paroxetina in particolare aumentò la aggressività dei pazienti ed era correlabile ad un numero di suicidi significativamente superiori rispetto ai pazienti trattati con placebo e con imipramina.
I dati reali sono risultati dunque fortemente discordanti da quelli pubblicati: farmaci inefficaci erano dichiarati efficaci ed effetti collaterali anche gravi, quali il suicidio, deliberatamente nascosti.

Conclusioni
Non sappiamo con certezza quante morti per suicidio in giovani adolescenti possano essere imputate all’uso inappropriato di paroxetina, reso possibile dalla falsificazione di dati e dalla stesura e pubblicazione di un falso articolo scientifico: è certo tuttavia che non si tratta di poche persone visto che l’aumento significativo di suicidi nei pazienti trattati con paroxetina è stato documentato anche nel limitato gruppo di pazienti (un centinaio) presi in esame dai Ricercatori indipendenti.
Questo studio è dunque rilevante per motivi clinici, etici e scientifici e perché ci fornisce almeno quattro importanti insegnamenti:
1) Dimostra che per la nostra sicurezza è di vitale importanza che le ditte farmaceutiche consentano sempre il controllo dei dati da parte di ricercatori indipendenti.
2) Il faticoso RIAT ha permesso di sviluppare metodologie originali di analisi dei dati, che i ricercatori mettono ora a disposizione di chiunque intenda condurre revisione di dati su ricerche farmacologiche e/o cliniche controllate e pubblicate, ma anche, e forse ancor più, non pubblicate.
3) Vi sono fondati motivi per ritenere che lo studio 329 non sia un caso eccezionale ed isolato: la comunità scientifica internazionale, gli esperti di bioetica, sociologia e filosofia della scienza dovrebbero favorire una ri-analisi critica di molte nostre discutibili acquisizioni.
4) Vi è una immediata ricaduta a livello formativo come ci hanno insegnato grandi maestri della filosofia della scienza, non dobbiamo mai dare nulla per scontato ma imparare a sottoporre ogni nuova acquisizione ad una rigorosa valutazione critica ed a costanti verifiche: è difficile, faticoso e non comporta vantaggi personali ma è l’unico modo di rispondere correttamente ed adeguatamente all’importante ruolo che la nostra società ci ha assegnato.

Riccardo De Gobbi