Don Ferrante e la Peste
( I Promessi Sposi ed una autorevole rivista inglese: due mondi diversi,apparentemente inconciliabili.
Ne siamo sicuri? Se avete 10 minuti di tempo provate a leggere questo articolo e vi ricrederete…)
Don Ferrante e la Peste
( Da “ I Promessi sposi” di Alessandro Manzoni Cap. XXXVII)
“Dice adunque che, al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de’ più risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all’ultimo, quell’opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la concatenazione.
– In rerum natura, – diceva, – non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l’uno né l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera. E son qui. Le sostanze sono, o spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito che nessuno vorrebbe sostenere; sicché è inutile parlarne. Le sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Ora, sostanza semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perché, se fosse tale, in vece di passar da un corpo all’altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea; perché bagnerebbe, e verrebbe asciugata da’ venti. Non è ignea; perché brucerebbe. Non è terrea; perché sarebbe visibile. Sostanza composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all’occhio o al tatto; e questo contagio, chi l’ha veduto? chi l’ha toccato? Riman da vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono questi signori dottori che si comunica da un corpo all’altro; ché questo è il loro achille, questo il pretesto per far tante prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo accidente, verrebbe a essere un accidente trasportato: due parole che fanno ai calci, non essendoci, in tutta la filosofia, cosa più chiara, più liquida di questa: che un accidente non può passar da un soggetto all’altro. Che se, per evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia accidente prodotto, dànno in Cariddi: perché, se è prodotto, dunque non si comunica, non si propaga, come vanno blaterando. Posti questi princìpi, cosa serve venirci tanto a parlare di vibici, d’esantemi, d’antraci…?».
No, no, – riprese don Ferrante: – non dico questo: la scienza è scienza; solo bisogna saperla adoprare. Vibici, esantemi, antraci, parotidi, bubboni violacei, furoncoli nigricanti, son tutte parole rispettabili, che hanno il loro significato bell’e buono; ma dico che non han che fare con la questione. Chi nega che ci possa essere di queste cose, anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder di dove vengano.
Qui cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin che non faceva che dare addosso all’opinion del contagio, trovava per tutto orecchi attenti e ben disposti: perché non si può spiegare quanto sia grande l’autorità d’un dotto di professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi. Ma quando veniva a distinguere, e a voler dimostrare che l’errore di que’ medici non consisteva già nell’affermare che ci fosse un male terribile e generale; ma nell’assegnarne la cagione; allora (parlo de’ primi tempi, in cui non si voleva sentir discorrere di peste), allora, in vece d’orecchi, trovava lingue ribelli, intrattabili; allora, di predicare a distesa era finita; e la sua dottrina non poteva più metterla fuori, che a pezzi e bocconi.
– La c’è pur troppo la vera cagione, – diceva; – e son costretti a riconoscerla anche quelli che sostengono poi quell’altra così in aria… La neghino un poco, se possono, quella fatale congiunzione di Saturno con Giove. E quando mai s’è sentito dire che l’influenze si propaghino…? E lor signori mi vorranno negar l’influenze? Mi negheranno che ci sian degli astri? O mi vorranno dire che stian lassù a far nulla, come tante capocchie di spilli ficcati in un guancialino? Ma quel che non mi può entrare, è di questi signori medici; confessare che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete sicuri! Come se questo schivare il contatto materiale de’ corpi terreni, potesse impedir l’effetto virtuale de’ corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar de’ cenci! Povera gente! brucerete Giove? brucerete Saturno?
His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle».
Analisi del “caso” con gli strumenti della logica classica
La prima fondamentale osservazione è che Don Ferrante non definisce l’oggetto da analizzare, cioè quel fenomeno per cui un morbo sembra trasmettersi da un individuo all’altro, e che comunemente viene denominato “contagio” ma introduce un “falso dilemma” utilizzando le categorie aristoteliche (principio di auctoritas) di “sostanze ed accidenti” con le rispettive sottocategorie. Il procedimento è corretto ma il grave errore è quello di dare per scontato che alla correttezza formale corrisponda una realtà sostanziale: le categorie aristoteliche descrivono il mondo, il contagio non rientra nelle categorie aristoteliche, ergo il contagio non esiste.
In secondo luogo, Don Ferrante nega il contagio ma non può ignorare le vittime della peste, della quale con il soccorso della ragione, cerca le cause per spiegarne gli effetti. La improbabile cosmologia di quei tempi lo supporta e gli suggerisce la ipotesi della nefasta congiunzione di Saturno con Giove e la sua malefica influenza sulla salute umana.
Viene applicata in maniera acritica la elementare ipotesi logica che due eventi simultanei siano collegati, ipotesi per altro ben suffragata dalla visione cosmologica del tempo. Anche in questo caso non vi sono evidenti errori formali ma vi è un grave errore nelle premesse: quello di ritenere che le conoscenze e gli strumenti di indagine disponibili fossero sufficienti a spiegare una nuova realtà: la peste
Un Caso Clinico dal Clinical Medicine
Un caso clinico significativo, tratto da Clinical Medicine ci permette di individuare ed analizzare diversi tipi di errore compiuti a vari livelli: lo riassumiamo commentandolo sia su un piano prettamente logico che con gli strumenti della psicologia cognitiva (individuazione di euristiche e dei rispettivi bias).
Una donna di 78 anni, diabetica, affetta da cardiopatia ischemica fibrillante, ipotiroidea in trattamento, operata in passato per nefrolitiasi, lamenta pollachiuria disuria e stipsi e viene trattata dal medico di famiglia con cotrimoxazolo.
Quattro giorni dopo l’inizio della terapia insorge dolore ai quadranti inferiori dell’addome per il quale viene ricoverata in ambiente chirurgico: non è presente febbre, si rilevava modesta tensione addominale. Gli esami evidenziavano 20330 globuli bianchi (85% neutrofili), emoglobina= 11.8, creatinina= 224 umol/L, urine= tracce di sangue e proteine, non leucociti.
Viene posta diagnosi di infezione urinaria con insufficienza renale e la paziente è trasferita in medicina, ove il medico di guardia conferma la diagnosi e prescrive amoxicillina + clavulanico; in seconda giornata perviene la urinocoltura che è negativa. Il programma diagnostico-terapeutico non subisce modifiche se si eccettua la richiesta di una Tac addome, che il radiologo rifiuta di effettuare data la presenza di insufficienza renale, anche se dopo adeguata idratazione la funzionalità renale era considerevolmente migliorata.
In quarta giornata una infermiera registra un calo pressorio (105/80, pressione precedente=155/100) ma non allerta il medico.
Uno specializzando anziano visita la paziente ma non modifica l’iter diagnostico-terapeutico. Nel pomeriggio insorge uno stato collassiale: una Rx diretta addominale evidenzia gas libero in addome.
La paziente muore nell’arco di poche ore. L’esame autoptico evidenza una perforazione di un diverticolo colico nella pelvi.
Analisi del caso con gli strumenti della logica classica
Da un punto di vista strettamente logico anche in questo caso vengono utilizzati strumenti logici elementari: vi è una storia di nefrolitiasi, vi sono sintomi urinari, compare il dolore (elemento nuovo ma compatibile con i problemi urinari ed ecco “post hoc, ergo propter hoc” la diagnosi è di infezione urinaria verosimilmente complicata.
Nei giorni successivi la situazione clinica della paziente peggiora, la diagnosi di infezione urinaria potrebbe (e dovrebbe…) essere rivalutata criticamente formulando ipotesi alternative.
Si utilizza invece il “principio di auctoritas” e ci si abbandona alla inerzia logica, diagnostica e terapeutica.
Analisi del racconto e del caso clinico con gli strumenti della psicologia cognitiva (4,5,6)
Il primo medico che visitò la paziente adottò la “euristica della disponibilità”: la paziente presentava pollachiuria e disuria quindi la diagnosi era “infezione urinaria”.
Il medico del reparto cui fu trasferita la paziente fu influenzato dall’ “effetto di cornice” e rimase “ancorato” alla prima ipotesi anche quando pervenne il risultato negativo della urino coltura.
(Queste euristiche e bias sono presenti anche nel racconto di Don Ferrante).
Il radiologo rifiutò di effettuare la Tac manifestando uno stile di “pensiero verticale” rigido e ripetitivo (contrasta con il “pensiero laterale” flessibile e creativo): il radiologo avrebbe dovuto quanto meno porsi la domanda: cosa posso consigliare in sostituzione alla Tac??
(Nel racconto di Don Ferrante questo bias assume gli aspetti del principio di “non contraddizione della auctoritas”).
I medici del reparto manifestarono una sorprendente “tendenza alla inerzia” in base al principio della “non-maleficienza”.
L’ultimo medico che visitò la paziente che iniziava a presentare una moderata ipotensione incorse in alcuni errori già citati (cornice, ancoraggio, pensiero verticale) ma soprattutto, in presenza di un dato nuovo, nella “incapacità di estrarre i dati significativi” e di rielaborarli costruendo una ipotesi alternativa.
(Anche queste euristiche e bias possono essere ritrovate in Don Ferrante allorchè si ammala egli stesso e muore prendendosela con le stelle)
Limiti cognitivi che possono condurre all’errore, evidenziati nei casi descritti:
- Euristica della disponibilità(Availabilty): è la tendenza a giudicare come più probabile la ipotesi diagnostica che più facilmente si prospetta perché più semplice o più frequente
- Effetto Cornice (Framing Effect): la modalità in cui viene presentato (o si presenta) il caso influenza fortemente il giudizio. In ambito diagnostico si tende molto più spesso a confermare, cercando dati di conferma anziché di smentita
- Inerzia Diagnostica-Terapeutica (Omission Bias): è la tendenza a non intervenire per non complicare le cose, in base ad un malinteso principio di non-maleficienza
- Pensiero Verticale (Vertical line thinking): è la tendenza alla rigidità ed alla riproposizione di schemi già validati ma non ottimali in situazioni nuove o particolari
- Incapacità di estrarre i dati (Failure to unpack): è la incapacità di cogliere gli elementi significativi e di rielaborarli costruendo una ipotesi alternativa
Cosa ci insegna la analisi comparata di questi due “casi”
In apparenza nella sembra più lontano di questi due casi: un singolare episodio di un romanzo del XIX secolo ed un caso clinico tratto da una rivista internazionale. Eppure nonostante la lontananza di tempo, luogo, stile e disciplina in ambedue le situazioni si usano processi logici semplicistici e per questo errati, che tuttavia sono inaspettatamente molto simili e conducono ad analoghe tragiche conseguenze. Essi sono i principi del “post-hoc o eiusdem temporis= propter hoc”, il “principio di auctoritas” e quello di inerzia e di incapacità di rielaborare i dati.
Gli errori sono dunque compagni di viaggio inseparabili della ragione: non possiamo evitarli ma la ragione stessa ci può fornire gli strumenti per evitare che questi fastidiosi ed inopportuni compagni ci conducano su strade sbagliate. E’ nella nostra responsabilità imparare a conoscere e ad usare questi preziosi strumenti.
Riccardo De Gobbi
Bibliografia
Manzoni A., I promessi sposi, capitolo XXXVII
- Timossi R. G., (2011), Imparare a ragionare. Un manuale di logica., Marietti
- Neale G., (2011), Misdiagnosis: analysis based on case record review with proposal aimed to improve diagnostic proces, Clinical medicine, 11, n. 4, pp. 317-321
- Croskerry P., (2009), Achieving Quality in Clinical Decision Making: cognitive strategies and detection of bias. Academic Emergency Medicine, vol. 9, n. 4, pp. 1184-1204
- Graber M. et Al., (2002), Reducing diagnostic errors in medicine: what’s the goal? Academic Medicine, vol. 77, n. 10, pp. 981-992
- Croskerry P., (2003), The importance of cognitive errors in diagnosis and strategies to minimize them. Academic Medicine, vol. 78, n. 8, pp. 775-780
- Reason J., (2000), Human Error: models and management, Western Journal of Medicine, vol. 172, n. 6, pp. 393-396
- Reason J., Human error, Cambridge University Press, 1990